Bandersnatch - Quando Black Mirror mi crea nevrosi


L'episodio della serie Black Mirror è stato rilasciato il 28 dicembre su Netflix e ovviamente non potevo sottrarmi dal vederlo con almeno due settimane di ritardo rispetto ai fans accaniti che, con buone probabilità hanno impostato sveglie, sottolineato con pennarello rosso il giorno sul calendario e circondato il numero della pagina dell'agenda con un bel cerchio rimarcato in tutti i colori disponibili nel portapenne della scrivania.
Il mio ritardo è dovuto alla mia esile illusione di non volermi far trascinare dalle tempistiche dettate da terzi e scegliere io il giorno in cui mettermi comoda sul divano ed entrare ufficialmente nel grande club dei "Sì, l'ho visto".
Una volta superata questa tappa, il passo successivo diventa quello di parlarne e poi di leggerne ed infine di scriverne, con all'incirca un mese di ritardo.
Cosa si può aggiungere a tutto quello che ho sentito, ai commenti più o meno sagaci di esperti e non, a tutte le critiche lette che sviscerano nel profondo l'episodio tagliuzzandolo e rigirandolo nel tentativo di comprendere ogni minimo indizio e dettaglio?
Da ragazzina ho comprato qualcuno di quei libri-game o libri interattivi, con scelte multiple e finali differenti e non mi hanno mai entusiasmato molto: ne riconosco la complessità di scrittura e di intrecci, ma non mi hanno mai coinvolto completamente.
Se c'è una cosa che amo dei libri, dei film, della musica e dell'arte è che tu non devi compiere alcun tipo di scelta: qualcuno l'ha già fatta per te. Ha posto lì, in quel preciso momento un nuovo personaggio, il primo piano è lì perché vuole sottolineare quell'istante, il vibrato si trova proprio sull'ultima parola della strofa e la donna sorride in quel modo perché passerai il resto della giornata a chiederti se veramente ti sorrideva o derideva.
Non hai scelta, se non quella di smettere di vedere, ascoltare, leggere e osservare: hai solo la libertà di interpretare un messaggio.
Bandersnatch non mi ha coinvolto e non mi ha fatto riflettere: ho passato la maggior parte del tempo a cercare di fare una scelta con un telecomando poco collaborativo e a chiedermi se la scelta fatta non fosse sbagliata, se era veramente quello che volevo. E' così che ho perso il filo della narrazione, non mi sono appassionata ai personaggi e non ho neanche fatto caso alla conclusione dell'episodio, perché ero distratta da troppi "e se avessi scelto diversamente?".
Dopo un mese mi chiedo se in effetti, quelli di Black Mirror non abbiano ottenuto il loro scopo, almeno con me: in questo mondo in cui teoricamente ognuno di noi può compiere infinite scelte ogni giorno impiegando un tempo limitato, ma in cui siamo praticamente catalogati attraverso una serie di algoritmi e indirizzati anche inconsciamente verso determinati tipi di decisioni, gusti e pensieri, una volta tolti gli algoritmi, le pubblicità e le sovrastrutture esterne, messi in un campo da gioco neutrale quali sono le nostre scelte e quanto tempo ci mettiamo a decidere? Quali sono i cereali che voglio mangiare veramente a colazione? E quali voglio far mangiare al protagonista? Io poi neanche li mangio i cereali! 
Penso di sì, penso che ancora una volta cari autori di Black Mirror, mi avete scombussolato il cervello e messo un bel po' d'ansia addosso.
E penso che non mi va di scegliere per uno sconosciuto, neanche nella finzione; faccio già fatica a scegliere per me stessa, figuriamoci se poi lo devo fare per un estraneo!
Per inciso io faccio colazione con caffè e cornetto alla marmellata (o focaccia, a seconda di come mi sveglio).

@Riproduzione riservata

Commenti

Post popolari in questo blog

I ragazzi sono il futuro: adulti fatevi da parte.