Mi vergogno della politica che commenta Sanremo.
Davvero, io non ci posso credere.
Non posso credere che la politica si interessi di Sanremo. Non posso.
Potrei capirlo se i pastori sardi avessero gettato dalla galleria dell'Ariston, litri e litri di latte sulla platea, simbolo dell'élite che si può permettere cifre astronomiche per un biglietto, mentre il lavoro dei pastori viene ripagato con compensi da fame; una vera umiliazione per tanta fatica e per un mestiere così difficile e nobile. Allora sì, la politica avrebbe avuto un dovere nei confronti dei manifestanti, nel dare loro risposte e il festival sarebbe stato un mezzo per portare l'attenzione del pubblico sulla questione. Poi, magari le persone della platea hanno tutti gli accrediti e non hanno pagato un centesimo, ma il simbolismo c'è e la questione politica pure.
Ma io non posso credere che i rappresentanti del governo commentino la finale di Sanremo.
E sono ancora più incredula che gli elettori di questo governo non abbiano scritto "Io ti ho votato perché tu risolvessi i problemi di questo paese, non perché mi dicessi chi vuoi che vinca Sanremo. Vergognati!".
Io non ho votato nessuno, sia ben chiaro; faccio parte di quell'italiano su due che al suo voto ci tiene e non lo svende al miglior offerente. Non sono nè di destra, nè di sinistra perché io ho visto la "creme de la creme" della politica italiana da Berlusconi a D'alema, da Alfano a Prodi, da Monti a Renzi, e devo dire che ne ho già fin sopra i capelli di tutti quanti e che a tutti loro non è mai fregato una "cippa lippa" del popolo italiano, ma solo del potere e della poltrona.
Detto questo, vorrei che i rappresentanti del popolo italiano, di qualunque credo e fede politica siano, fossero ventiquattro ore al giorno, sette giorni su sette, impegnati in riforme, manovre, leggi che consentissero a questo paese (tutto il paese) di progredire, di godere di buona salute e prosperare a lungo. Anche prima di coricarsi nel letto, anche la domenica, il giorno di Natale, il loro pensiero dovrebbe essere rivolto ai lavoratori in cassa integrazione, alle piccole e medie imprese, a come estirpare il cancro della mafia, ai malati, alla questione europea, al fatto che solo il 52% degli aventi diritto al voto si sia presentato alle urne in Abruzzo (l'ennesima sconfitta per la classe politica e non la vittoria di qualcuno).
E invece no, i politici, se si può chiamarli così, non si occupano di tutto questo. No; loro fanno i selfie, pensano a cosa twittare per avere più visualizzazioni, pensano ad andare in tv, a testimoniare i loro viaggi, a cambiarsi felpe, a fare le rimpatriate con gli amici e le feste in discoteca.
Mi vergogno per voi, perché dovreste essere politici e non le Ferragni di Palazzo Chigi.
Volete visibilità? Fate gli influencer, non i rappresentanti del popolo italiano, perché anch'io che non vi ho votato, sono rappresentata da voi e me ne vergogno.
E mi vergogno anche per Ultimo, perché oltre a non saper stare al gioco e alle regole di una gara canora, che possono essere discutibili, migliorabili, ma quelle sono e se non ti stavano bene potevi non partecipare, con il suo comportamento da ragazzino viziato e capriccioso si è prestato al bieco tentativo di sminuire la vittoria di un altro ragazzo entrato, non per suo volere, nella ormai ridicola, per quanto sia retrograda, polemica sui chi è italiano o chi non lo sia.
Ultimo, mi dispiace, ma hai toppato alla grande: sia perché ai tuoi fan poco importa se il festival lo vinci o arrivi ventesimo, sia perché sei risultato parecchio presuntuoso a chi non ti conosceva, visto che non sei una navigata rappresentante della canzone italiana come Loredana Bertè, a cui tutto un po' si può perdonare e che ha già pagato abbastanza durante la sua carriera e nel corso della vita.
Soprattutto hai sbagliato, perché con il tuo comportamento sembri appoggiare una determinata linea di pensiero che sono certa non rappresenti affatto la maggior parte del giovane pubblico che ti ascolta e ti ama, tra cui ci sono terze o quarte generazioni di migranti che, intanto, sanno l'italiano meglio di me, e che, probabilmente, non sono abituati ad arrivare primi, ma una sconfitta la prendono per quel che è: un secondo posto fra i tanti che collezioniamo tutti nell'arco della nostra esistenza.
Ultimo, te la prendi con i giornalisti? Potresti avere ragione, ma come ha detto Fiorello, a passare dalla parte del torto ci vuole poco.
In questo caso specifico, se veramente la sala stampa sinistrorsa, brutta e cattiva, avesse voluto premiare questa canzone che, oltre ad avere un buon testo, trattare un tema diverso dal solito, avere una melodia e una produzione eccellente (toglietemi dalla testa quel battere di mani, che sto impazzendo), ha anche, in chi la interpreta, un minuscolo e vago sentore di opposizione politica, ben vengano i giornalisti comunisti, visto che chi dovrebbe accendere il dibattito politico e condurre azioni di contrasto guarda solo se stesso e non il paese.
Non solo i giornalisti hanno il diritto di esprimere le loro opinioni e il loro voto come meglio credono, ma questa canzone e chi la canta possono essere un esempio per quelli che nella vita pensano di non avere molte possibilità, con una strada già tracciata verso la sconfitta sociale.
Visto che tu Ultimo, porti proprio il nome di queste persone e se non sbaglio anche tu vieni da una realtà difficile, avresti dovuto congratularti con il vincitore e lanciare un messaggio di stima nei suoi confronti, come hanno fatto quelli de "Il Volo" e far vedere che, almeno fra i giovani, l'istigazione all'astio e alla polemica non attacca, perché siete migliori di chi ci governa.
Detto questo, non fregherà a nessuno, ma caro Ultimo, cari Ministri, io vado ad ascoltarmi "Soldi" di Mahmood. Alessandro, per gli amici di Milano.
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