Le mie (personalissime e inutili) pagelle di Tokyo 2020

Giappone, voto 10: nonostante le perplessità, le difficoltà e le proteste, con un buco nel bilancio complessivo enorme, i giochi si fanno e anche bene, pure con la minaccia tempesta, uragano, tornado che mai una gioia. Perseveranza.

Divise, voto dal 3 al 10: i vestiti tradizionali di alcune nazionali meritano un 10 pieno per colori, tradizione, storia, le divise giacca e pantaloni guadagnano un 6 politico a mani basse, Bermuda merita un 7 per coerenza, Armani, a cui poco importerà (giustamente), si becca un 3 secco per una tuta con un super bollino punti convenienza Coop sulla pancia (lo salvo dal 2 perchè la scritta stile idioma non è male). Giorgio ricorda: "hostess style, will never die".

"Pacata" esultanza dell'allenatore (nuoto) dell'Australia, voto 9: è la conferma che dietro ogni buon atleta si cela un ottimo allenatore sugli spalti, e poi, diciamolo chiaro, ma chi è che non esulterebbe così per un oro? Cazzimma e tifo.

Federica Pellegrini, voto immensa: anche la divina va in pensione (sportiva); da capitana della squadra di nuoto si diverte, porta il suo contributo nelle staffette e centra una finale individuale nei 200 stile libero, soprattutto passa il testimone alle future generazioni, diventa membro del CIO in quota atleti, ma io in realtà la vorrei vedere come allenatrice, chissà. Complimenti e grazie Federica. Vent'anni magnifici!

La "diversa" gioventù, voto 30 (10 a ciascuno): Abdullah Al-Rashidi (quasi 58 anni) bronzo nello skeet, Andrew Hoy (62 anni) argento a squadre e bronzo nell'equitazione, Oksana Chusovitina (46 anni) ginnastica artistica, dimostrano che l'anagrafe è solo una mera questione di numerini. Io in attesa che le bocce diventino sport olimpico, comincio ad allenarmi. Non mollare mai.

Le ragazzine terribili dello skate, voto 9: sport ancora embrionale a livello olimpico, l'appuntamento viene snobbato dalle superstar professioniste, molto probabilmente più per questioni di sponsor e relativi contratti, che per una questione di identità socio-culturale dello skateboard (ma fatemi il piacere, più gente vi vede, più gente si appassiona, cosa c'è di più sociale?), diventa la vetrina ideale per una manciata di ragazzine che dimostrano ai loro amici bulletti del parchetto, che loro sono le più ganze di tutti. Ginocchia sbucciate a manetta.

Ahmed Hafnaoui, voto 10: rimonta dalla sesta corsia, non se lo fila nessuno e si prende l'oro nel nuoto 400 sl. L'outsider.

La caparbietà di Anna Kiesenhofer, voto 9: non ci crede nessuno, le olandesi sono tante e sono forti, ma l'austriaca amante dei numeri sa che quel 1% è pur sempre un 1% e magari è la sua occasione. In fuga da sola sulla sua bicicletta, l'oro lo conquista al 100%. Lo studio prima di tutto!?!

Tom Daley e Matty Lee, voto 10 con lode: grazie, God save the Queen e pure voi, che ci avete dato una speranza contro le macchine da guerra cinesi nella categoria tuffi. Menzione speciale a Tom Daley e al suo uncinetto, perchè in fondo c'è una nonna Marisa dentro ognuno di noi, voto eccellente al tuo cardigan e se ti va un pomeriggio trasgressivo di "Tea, biscuits and uncinetto, Tom I'm here!". Gorgeous Tom!

I twisties, voto 10: anche gli dei dell'Olimpo ogni tanto sono umani e tra pressioni, stress e bisogno di vincere (forse, bisogno più degli altri che loro) smarriscono l'orientamento mentre eseguono capriole, piroette impossibili e inseguono il record di medaglie, insomma perdono la trebisonda. Benvenuti nel club della vita normale di nonno Beppe che con 600 euro di pensione si deve destreggiare tra bollette, affitto, visite mediche e la spesa rigorosamente al discount, e che ogni tanto gli prendono di quei twisties che sbroccola proprio! Equilibrio precario.

Il bisogno del risultato, voto 2: il risultato è un punto di vista; l'oro è l'oro ma, a volte, anche un buon piazzamento può essere il massimo che un atleta può fare in quel momento. Piedi per terra e pacche sulle spalle.

Le "sovversive" ginnaste tedesche, voto 10: non si attengono alle rigide regole della ginnastica artistica e (finalmente, dico io) si coprono di tutto punto per poter volteggiare in massima tranquillità senza depilarsi fino al midollo, con l'ansia che in mondovisione tutti scoprano che anche tu hai la patafiocca! Caro Damiano (Maneskin) le minigonne e i body li lasciamo a te, depilati tu che noi ne abbiamo le palle piene! Liberi tutti!

Le mancate sostituzioni, voto 4: un nome non è una garanzia, almeno nello sport; puoi essere il migliore, ma se è un periodo no, è un periodo no e nulla più. Non si mette in discussione una carriera, semplicemente succede. L'ostinazione a voler tenere in campo un nome e non una prestazione è un problema, soprattutto per una squadra. Le sostituzioni vanno fatte prima che la frittata sia fatta, non è giusto per la squadra perseverare ad ogni costo, compromettendo il risultato complessivo. Ricambi.

La velocità italiana, voto 10 con lode: in un paese lento, dove tutto è fatto con una certa calma, che a volte non guasta, in un paese dove il "poi" è una sorta di caratteristica intrinseca della popolazione, in un paese in cui anche chi vuole sbrigarsi è demoralizzato dai tempi biblici della burocrazia, in un paese così, ci scopriamo velocisti; capisco la marcia, lunga, lenta, faticosa, logorante sofferenza, capirei bene la corsa ad ostacoli, metafora della lotta contro chi ti mette i bastoni tra le ruote (specialità dello Stato italiano in generale), ma ora abbiamo anche dei velocisti? Incredibile!

Usain Bolt (a malincuore), voto 2: mi dispiace Usain, ma un campione come te deve saper applaudire gli altri quando vincono, senza puntare il dito su tacchetti, scarpette e altro ancora; qualcuno prima o poi il tuo record lo batterà, anzi, per quanto ne sappiamo, c'è già un ragazzino da qualche parte nel mondo che senza scarpe corre i 100 m piani in 9"57, e il campione deve essere lì ad applaudirlo, non a denigrare la sua personale impresa. Caduta di stile.

I soliti sospetti, voto non classificabile: ok, essere sconfitti è brutto, non piace a nessuno, ma prima di additare e gettare veleno sugli avversari, lasciamo siano le prove a parlare; chi sbaglia viene beccato e punito (la Russia è un esempio), il resto sono cattive chiacchiere da rosiconi. Nello sport si dovrebbe vincere con stile (vedi l'inchino di Massimo Stano nella marcia) e perdere con altrettanto stile. Come direbbe Boris Vian "Guarda dove il nemico ti attacca: spesso è il suo punto debole.", oppure mia nonna: "Sté citu, ciapa su e porta a ca'!".

Gli stracci volanti, voto pessimo: quando si vince, tutti belli e tutti bravi, ma se le cose non vanno bene? La colpa è sempre dell'altro. Ci sono state grosse delusioni per l'Italia: scherma, ciclismo su strada, pallavolo, pallanuoto non hanno portato le medaglie sperate, ma invece di tacere e imparare la lezione, ecco la ricerca spasmodica del capro espiatorio e il gioco dello scarica barile. I panni sporchi si lavano sempre in casa e le sconfitte sono di tutti, non dei singoli. Ricominciare da capo.

Meo Sacchetti e la sua squadra, voto 10 con lode e molta riverenza: Meo Sacchetti è la mamma italiana di un tempo, non ha bisogno di parlare e ottiene quello che vuole con lo sguardo. Devo scalare l'Himalaya, ok Meo, preparo lo zaino! Al posto di Amadeus e Bonolis, se avessimo Sacchetti come testimonial del vaccino, avremmo già prenotato l'ottava dose, tutti quanti, i no-vax la decima. No dico, l'avete visto bene? Avete visto bene quegli occhi? Determinazione, cattiveria, serietà, fermezza per l'occhio destro e nel sinistro un misto di passione, tenacia, ambizione e un goccino di benevolenza. Ci credo che la squadra ha compiuto un mezzo miracolo: Meo Sacchetti, la mattina si alza e scioglie il sangue di San Gennaro con lo sguardo. Implacabile!

La Rai, voto 0: la dirigenza Rai. Io pago il canone, porco del vostro, e non me ne frega una beneamata ceppa (con tutto il rispetto) dei pacchi, di Vespa, dei telefilm. Vi chiedo una cosa sola: lo sport! Maledetti non mi avete fatto vedere la prima gara di softball; badminton, skateboard, arrampicata, ping pong praticamete non pervenuti. Non importa se non ci sono italiani, il mondo non è solo Italia, li voglio vedere tutti gli sport, chiaro? Comprate quei cavolo di diritti!

Sara Simeoni, voto 9: la nuova Mara Maionchi della televisione, ho detto tutto. Non ci posso fare niente: a me fa morir dal ridere!

Delegazione italiana, voto 40 con lode: quando superi il tuo record di medaglie ad un olimpiade, non c'è altro voto da assegnare. Atleti, staff tecnico, federazioni e dirigenza, si meritano il voto massimo, anche quelli che sono rimasti a casa. Lavoro di squadra.

Politica italiana, voto 1 (perchè sono buona): è inutile invitare i campioni a festeggiare al Quirinale, se poi ti dimentichi puntualmente di un settore importante come lo sport che può portare un indotto incredibile, se solo si pensasse di investire seriamente in strutture e insegnamento in età scolastica... ma non voglio fare il pippone socio-politico. Non dimenticatevi dello sport, soprattutto degli sport chiamati minori, perchè veramente non c'è solo il calcio! Paraocchi?!?!?!

Le "farfalle" dell'Azerbaigian, voto 10 con lode: ci ricordano, come altri prima di loro, che nel mondo esistono problemi irrisolti, che in un contesto gioioso si può e si deve far politica. Il messaggio è chiaro: noi siamo qui, ma a casa nostra si soffre. Impegno e diritti.

Il Kiribati, voto adottatemi: con tre atleti, potrei aspirare anch'io a una qualificazione olimpica e rappresentarvi degnamente; non sarò mai simpatica come David Katoatau, ma posso impegnarmi. Faccio la valigia?

Preservativo, voto 10: Jessica Fox ripara la sua canoa con quello che aveva in tasca il suo allenatore e vince l'oro. Sport sicuro, sempre!

Gli stoici, voto wonder (di solito women): ogni olimpiade ci regala storie di infortuni e atleti che anche con muscoli lacerati, caviglie rotte, sangue colante e punti di sutura portano a termine le loro gare e anche questa edizione non ha deluso; Katarina Johnson-Thompson e Silvia Semeraro su tutti. Pronto, dottore?!?

Steven Bradbury, voto imprescindibile: non esistono olimpiadi estive o invernali che si rispettino senza lo spirito di Steven che aleggi nell'aria; dal 2002 il ragazzotto australiano è il simbolo incontrastato, non degli outsider, non del pronostico sconvolto, ma del caos totale che ti può portare a vincere una medaglia. In cuor suo ogni atleta, magari un po' scarsino, almeno una volta nella vita spera di essere il nuovo Bradbury. Anche se non c'è effettivamente uno Steven ad ogni olimpiade, lui incarna il treno che passa una volta sola. O, in francese, la gran botta di culo.

Gli ultimi, voto 1000: non perchè saranno i primi, molto probabilmente non lo saranno mai, ma non ha importanza; anche loro meritano l'applauso, anche la loro storia è fatta di successi e sconfitte, di infortuni, di mancate occasioni, di duri allenamenti, di sacrifici, di fortuna che non verrà mai raccontata da nessuno perchè ultimi. Eppure anche loro hanno storie di genitori che non capiscono cosa fanno, di genitori fan che proiettano le loro ambizioni sui figli, storie di nonni che avrebbero voluto indicare sulla tv il loro nipote, ma non lo potranno mai fare; storie di amici che non hai perchè la palestra è la tua discoteca, storie di compagni, avversari e allenatori. Storie di ogni atleta che alle olimpiadi non ci sarà mai, ma che non demorde, anche quando è chiaro che potrai vincere solo contro te stesso, perchè gli altri sono più forti. In ogni stoccata, in ogni singola vasca, in ogni set, inning, in ogni salto, nelle singole pagaiate, in ogni passo ci sono storie e le storie sono fatte da vite: lo sport, nel bene e nel male è vita, anche quando si sbaglia, anzi soprattutto quando si sbaglia. Lo sport è anche degli ultimi che non arriveranno mai primi: quanto è bello, però, provare ad esserci, per fare la propria storia qualunque sia il risultato.

Gli atleti paralimpici, voto nessun voto, semplicemente straordinari: i veri atleti, in tutti i sensi. L'atleta fa una scommessa con il suo corpo, gli dice ti sfido, salta, corri, marcia, arrampicati, usa una racchetta, tira una freccia con un arco, stai in equilibrio su una tavola, e così via. Poi l'atleta sfida gli altri, vediamo chi tira la pallina più forte, chi è più preciso, chi è più resistente, chi è più concentrato. E di solito ha un corpo intero e funzionante. Ora lancia le stesse sfide con un corpo che non è proprio in bolla, a cui manca un pezzetto, o più di uno, che non vede o che per muoversi ha bisogno di un supporto. Come la mettiamo adesso? Chi è un cazzuto super atleta? Io dico loro, gli atleti paralimpici e non vedo l'ora di vederli in azione dal 24 agosto al 5 settembre a Tokyo. Vi ammiro e tiferò per voi, perchè avete le palle al cubo! 

 

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